John Nash: Io non credo nella fortuna, ma credo fermamente nell’assegnare un valore alle cose.
Tratto dal film: A Beautiful Mind 2001
regia: Ron Howard
Il designer, contrariamente all’artista e allo stilista, non ha uno stile suo personale col quale risolvere formalmente qualunque problema. La produzione di un vero designer non ha elementi estetici particolari che caratterizzano ciò che progetta, egli può produrre una lampada sferica o cubica o tubolare, ma il suo primo scopo è che faccia luce e che abbia un giusto prezzo in relazione al materiale di cui è composto. Egli può occuparsi di produzioni molto diverse come funzioni, materiali e tecniche, proprio perché non ha uno stile suo, ma le forme che verranno fuori saranno il risultato di una soluzione ottimale di ogni elemento che concorre a formare l’oggetto.
Il vero designer può progettare un mobile, un giocattolo, una struttura metallica, può occuparsi di un problema di illuminazione o altro, tutti diversi tra loro, non perché sia un genio, ma perché ha un metodo di progettazione che lo conduce a soluzioni logiche ed anche estetiche tutte diverse, secondo i materiali, le tecniche e le funzioni.
Bruno Munari
La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica.
Adriano Olivetti
“Durante gli ultimi 40.000 anni di evoluzione umana, di fronte al manifestarsi di un’ improbabilità supplementare, la reazione standard è consistita, a ben vedere, in una difesa incondizionata. Tutte le antiche civiltà, risalendo fino alle forme paleolitiche primordiali, risultano iperconservatrici rispetto le loro condotte di superficie. Sembrano innervate di un’ ostilità viscerale verso l’ innovazione, forse perché sollecitate fino al limite delle loro capacità dal compito di trasmettere alle generazioni successive, senza soluzione di continuità, i propri contenuti consci, le proprie convenzioni simboliche e tecniche. Alla base delle civilità in quanto tali vi è, senza eccezioni, la contraddizione di fondo tra il congenito atteggiamento neofilo dell’ Homo sapiens e la predisposizione neofobica, inizialmente inevitabile, degli apparati normativi. Poiché la riproduzione dei contenuti rituali e cognitivi costituisce la prima e unica preoccupazione di tali civiltà, il loro cammino attraverso le epoche è pesantemente neoclastico: la furia distruttiva contro la novità in generale precede di parecchi millenni quella contro le immagini. Per ogni Catilina, per ogni rerum novarum cupidum, troviamo diecimila difensori del vecchio, secondo il modello offerto da Catone. Poiché tuttavia anche le civiltà più stabili vengono continuamente infiltrate da innovazioni simboliche e tecniche, sia grazie a invenzioni autoctone sia per via dei contatti infettivi con le arti delle culture confinanti, esse camuffano astutamente le novità di quanto è stato appena adottato, attribuendo gli elementi ormai penetrati, e nolens volens integrati, a una trasformazione di quanto giace sul fondo del proprio patrimonio più antico, come se tali elementi appartenessero da sempre al cosmo locale.In una siffatta integrazione del nuovo nell’ arcaico troviamo una delle principali funzioni del pensiero mitico: rendere invisibili in quanto tali le improbabilità vissute, siano esse eventi o innovazioni, e retrodatare all’ “origine” l’ invadente novità ormai impossibile da ignorare.”
Estratto da Devi cambiare la tua vita, Peter Sloterdijk, Raffaello Cortina, 2010