Chiara _ Working in the Atelier _ pt 2
Atelier internazionale
articolo da Repubblica
Workshop: The state of…
Local, global, memory, exhibition, curating, identity, telling, putting on stage, territory, mythology, magic, translation, history, tecnique, authenticity, visiting, collection, XXX. Diciannove parole, diciannove concetti, più di trecento schizzi, ventisette tubetti di colore, trentaquattro pennelli e diciannove bandiere.
Visitando i primi musei ci siamo sentiti spesso ripetere alcune parole come autenticità, territorialità, tradizione e lo scopo del primo workshop “The state of” è stato proprio di rappresentare questi concetti astratti sottoforma di un’immagine. Il risultato finale avrebbe dovuto essere una bandiera che rappresentasse uno dei diciannove termini prescelti. La bandiera poteva contenere un’illustrazione, un simbolo, un segno, un pattern che indicasse più o meno chiaramente il concetto prescelto, cercando di rappresentarlo in modo originale e personale.
Durante l’intero workshop l’atmosfera dell’atelier è stata molto entusiasmante e vivace. Bandiere, colori, pennelli e acrilici ovunque! Piano piano dai primi bozzetti, realizzati da tutti per aiutarci a condividere le prime idee, siamo passati a delle idee più definite, fino ad arrivare a dipingere direttamente sulla tela.
Il risultato finale sono state diciannove bandiere molto colorate e diverse tra loro che una volta stese, l’una vicino all’altra creavano una sorta di patchwork di forme e colori originali. Una volta presentati i nostri lavori e dopo una breve discussione assieme, abbiamo deciso di festeggiare la fine del primo workshop con una piccola festicciola 🙂
Chiara – Working in the atelier
Tuana Inhan
“No poet, no artist of any art, has his complete meaning alone. His significance, his appreciation is the appreciation of his relation to the dead poets and artists. You cannot value him alone; you must set him, for contrast and comparison, among the dead.”
Francisco Rebelo
“Every culture, however primitive or advanced, is absolutely dependent on its artifacts for its survival and self-realization.”
E. McClung Fleming; Artifact Study: A Proposed Model; 1974
“Nothing less than the whole of the past is needed to explain the present, and in this difficult task we cannot afford to neglect the unrecorded past.”
E. Estyn Evans; Irish Folk Ways; New York; Devin-Adair; 1957
Noemi
Ho letto da qualche parte che nella vita importa non già di essere forti, ma di sentirsi forti. Di essersi misurati almeno una volta, di essersi trovati almeno una volta nella condizione umana più antica, soli davanti alla pietra cieca e sorda, senza altri aiuti che le proprie mani, e la propria testa.
Ho vissuto molto, e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna, e dei figli forse. Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?
Emile Hirsch
Matilde
L’atto di disfarci di ciò che non ci serve più svela ed esalta il carattere esclusivamente utilitaristico del rapporto che intratteniamo con gli oggetti della nostra vita quotidiana. […] È un rapporto con gli oggetti perfettamente “razionale”, cioè funzionale al perseguimento della nostra “utilità”, al punto da sembrarci ovvio. Questa convinzione potrebbe però incrinarsi se sospettassimo che il rapporto che intratteniamo con gli oggetti di uso quotidiano abbia finito con l’improntare di sé gran parte dei nostri rapporti con il mondo in cui viviamo: cioè, non solo con gli oggetti materiali, ma con il nostro stesso corpo, con l’ambiente, con le altre persone ecc.
Guido Viale, Un mondo usa e getta Feltrinelli, Milano 1994